Caro amico ti riscrivo

Ché alla fine sono due anni che non tocco il blog. E forse tu (che ormai sei il destinatario di queste “missive” lanciate nell’etere) vorrai sapere cos’ho combinato in questo lungo lasso di tempo in cui sono restata in silenzio.

Una cosa secondo me la sai. Perché una delle due persone più importanti della mia vita ti ha raggiunto, lì dove sei ormai da quasi 3 anni. Lui è partito un anno e mezzo fa, più o meno. Mi sembra ieri. L’anno scorso, più o meno in questo periodo, piangevo ogni giorno. Una specie di effetto “rinculo”, diciamo. Accade il fatto, ti ci trovi in mezzo, hai addosso l’adrenalina, le faccende da gestire, la burocrazia, e poi lo shock. Non ci credi. Poi, passati alcuni mesi, realizzi. Cazzo, non c’è più. Avevo ancora così tante cose da dirgli, tante cose che doveva insegnarmi. Mi sentivo – un po’ mi sento tutt’ora – una sempliciotta. Una che appena galleggia in questo mare di merda che è la vita, senza saper fare nulla. Dilettanti allo sbaraglio, diciamo. A volte temo che smetterò di pensarci ogni giorno. Non lo dimenticherò, vero?

Non voglio dilungarmi troppo su questo. Sai benissimo come ci si sente. Ti crolla il mondo addosso (tipo J.D. di Scrubs al primo impatto con la morte), ma tocca scavare in mezzo alle macerie perché chi resta al mondo deve continuare a vivere, ed io, effettivamente, vorrei continuare a farlo per un po’, se possibile. Anche tu avrai scoperto che, quando crolla il mondo, ci sono anche danni collaterali. Ti trovi di punto in bianco in un tornado, e magicamente scopri che le persone sulle quali avresti pensato di fare affidamento per un minimo di supporto morale, beh… non hanno tutto questo tempo da dedicarti. In effetti, preparare la valigia per le vacanze è una priorità non negoziabile. Pazienza. Il lato positivo è che si fa un po’ di pulizia, e per ogni persona che deve essere lasciata indietro (che poi, in realtà, sono che mi sono sentita lasciata indietro, ma son dettagli) ne scopri almeno un’altra che ti sorprende nella sua capacità di starti vicino. La mia amica del cuore dell’università – te la ricordi, l’hai conosciuta anche tu – si è fatta 200km di macchina con figlio piccolo al seguito perché non poteva non esserci di persona. La sento di rado, perché la vita è così. Ma quando conta davvero, lei c’è. E non solo lei. Davvero posso dire di aver avuto molto più supporto da gente che è stata solo di passaggio nella mia vita, o da gente che non vedo praticamente mai e sento con altrettanta frequenza. Lo stesso non posso dire per chi magari sentivo ogni giorno, e al momento del bisogno (il bisogno vero, non le cazzatelle) si è fatto di nebbia. E allora non mi sento poi tanto in colpa per aver diradato i contatti. Se parlo di niente quando ci vediamo – alla fine anche io sono capace di “small talk”. E’ una skill fondamentale al giorno d’oggi.

Ti ricordi il mio amico pisano di cui ti ho parlato l’altra volta? Finalmente ci siamo visti. Ci sentiamo ancora tutti i giorni o quasi. Non ci vediamo spessissimo, ma le giornate sono sempre belle. Conosce un sacco di cose e racconta sempre storie interessanti. Ti piacerebbe (anche perché un po’ ti somiglia).

Stavo per scrivere l’anno scorso, ma in verità sono ormai passati due anni da quando ho conosciuto una persona che mi ha fatto fare cose che mai avrei immaginato di fare. E’ uno spirito libero, ora non saprei nemmeno dirti dove sia – svolazza in giro per il globo e scrive libri. E’ stato una bellissima parentesi spensierata prima del crollo del mondo di cui sopra. Lui e il suo migliore amico, che ancora ogni tanto sento (perché è un po’ più stanziale). Mi ricordo quel pomeriggio di inizio primavera, bevendo vino nel giardino incolto, con quella luce che c’è solo qui. Ogni tanto ci rifletto e mi chiedo come ho potuto fare le cose che ho fatto, poi mi rendo conto che questi due personaggi sono sempre stati gentili e rispettosi nei miei confronti. Pensavo mi avrebbero archiviata immediatamente, e invece ancora oggi sono qui. Di rado, quando capita, ma ci sono.
“Una come te non si dimentica”, mi dice l’amico pisano. Ogni tanto qualcuno che mi fa salire l’autostima. E mi ricorda che non è che la gente faccia proprio tutta schifo, come mi piace credere. E, paradossalmente, sono a volte le “meteore” a darti gli aiuti più importanti.

Il mio amico milanese è ancora lì, sempre splendido e inarrivabile. Abbiamo qualche viaggio in programma, già non vedo l’ora. Anche se mi sgrida perché non sono capace di orientarmi e usare le mappe. Ma non è a questo che servono gli uomini? Io mi occupo delle prenotazioni, tu portami in giro!

Ho cambiato lavoro, sai? Sono sempre nello stesso posto, ma ho cambiato ruolo. Mi sono liberata dalla strega, e sono fuggita da un ufficio che ormai è un caos (come avevo ampiamente previsto). Sai, proprio giorni prima che il mondo crollasse del tutto mi è arrivata la più grande delusione lavorativa da quando sono qui. In quel periodo stavo accarezzando l’idea di cambiare ruolo (approfittando di un’opportunità che si era aperta), ma ero indecisa. I miei nuovi colleghi mi avevano incoraggiato ad unirmi a loro, ma io ero timorosa. Pensa quanto ero scema: avevo paura di lasciare le colleghe in difficoltà. E poi la mazzata. E allora andatevene affanculo, ho pensato (la strega e il suo entourage, non tanto le povere colleghe). E ho pensato bene.

Diventare grandi, per certi versi, è una figata. Smetti di farti problemi su questioncine come queste, perché ormai hai capito che i problemi veri sono altri. Se solo avessi avuto questa consapevolezza a 20 anni, quanti sbattimenti mi sarei risparmiata!

Questo è il riassunto degli ultimi due anni. Magari la prossima volta ti racconto altro che non sia una lista di eventi. Penso tanto, dovrei ricordarmi di scrivere ogni tanto.

On air: Depeche Mode – Never let me down again

Caro amico ti scrivo

… così mi distraggo un po’. E siccome sei molto lontano, più forte ti scriverò…

Sono più di 8 mesi che non ci sei più. Quasi 3/4 di anno. Praticamente un anno. Ma in questo tempo strano e quasi sospeso, non riesco a rendermene conto. E’ da tanto che vorrei scriverti, raccontarti questo mondo bizzarro in cui stiamo vivendo, dirti un po’ delle innumerevoli cazzate che ho combinato in questi mesi (l’ultima diciamo giusto l’altra sera), ma continuavo a rimandare. Poi, qualche notte fa, ti ho sognato. Non mi era ancora capitato, da quando sei andato via. O forse sì, ma non lo ricordo. E’ stato un sogno bello, anche se non riesco a ricordare se io ero solo spettatrice o se potevamo interagire. Ricordo che andavi alla scrivania in fondo alla vecchia redazione per prendere le copie gratuite dei vari giornali, e a quanto pare erano finite, e chiedevi in giro che qualcuno te ne desse una. Io avevo una di quelle copie, ma non potevo dartela perché era una copia di giorni dopo, giorni dopo la tua partenza. Uno strano trip. Era come se fossimo nel presente, e tu eri lì, inconsapevole di non esserne più parte. Ricordo di aver lasciato quel posto pensando che avrei dovuto abbracciarti. Mi sono allontanata e sono andata a riflettere su questa cosa. Poi ovviamente non ho agito. Sono tornata alla redazione, davanti ad una misteriosa porta a vetri sul retro, e lì sono rimasta. Che cogliona. Ricordo meglio di qualsiasi cosa i tuoi occhi bellissimi. Blu. Era come se fossimo davvero insieme, di nuovo. Non avrei mai voluto svegliarmi.

Te ne sei andato quando si stava arrivando al picco della pandemia. Ogni tanto penso a come l’avresti raccontata. A quanto ti saresti incazzato a vedere quanto facciamo tutti schifo. Ci siamo raccontati che sarebbe andato tutto bene (ma come fa ad andare tutto bene con 60mila e passa morti?), che eravamo eroi, ognuno nel suo piccolo, e ora ci scanniamo per andare al centro commerciale. Ce ne freghiamo di qualsiasi cosa che non riguardi noi. Vorrei dirti che non ti stai perdendo tanto. Che questo secondo lockdown, evidentemente farlocco, mi ha preso meno bene del primo.
Penso spesso che non ricordo nemmeno quando è stata l’ultima volta che ti ho visto. Ho solo quell’ultimo vocale che mi hai mandato, giusto un mese prima. Non mi rispondevi al telefono, ero preoccupata. Avevo capito che andava male ma non ci volevo credere. Poi ero bloccata qui. Che situazione di merda. Qualche tempo fa qualcuno ha organizzato una messa in tuo ricordo. Non ho potuto esserci, ma non lo volevo nemmeno. Non so come avrei reagito, e poi sappiamo bene che “qualcuno” non avrebbe avuto piacere di vedermi. Il sentimento, peraltro, è reciproco. Lo sai anche tu. Specie dopo quella telefonata agghiacciante… Che secondo me l’hai sentita anche tu (del resto, ha usato il tuo telefono!), e ti sarai anche incazzato parecchio. Alla fine, mi hai sempre difeso.

Ti vorrei raccontare che in questi mesi di pandemia ho dato una certa svolta alla mia vita. Non saprei dire se in meglio o peggio, forse dipende dai punti di vista… Sicuramente il fisico ha tratto giovamento dalla mia nuova passione: lo yoga. Nel lockdown di primavera mi sono imposta una disciplina ferrea che mai avrei pensato che potesse appartenermi. Sono diventata una specie di macchina da yoga, meditazione e forse quasi pensiero positivo. Robe da pazzi. Del resto, senza questi piccoli accorgimenti, forse avrei davvero dato di matto.

Di sicuro mi sono data abbastanza alla “pazza gioia”. Non so se in una reazione alla pandemia, in una specie di improvvisa adorazione del rischio, o solo perché veramente ho “sbloccato qualcosa“, come dichiarai quasi esattamente un anno fa.
Uno sblocco che mi ha aumentato l’autostima, poco ma sicuro. Ti vorrei raccontare che con questo mio salto nel vuoto, a sorpresa, ho incontrato persone interessanti, che hanno aggiunto luce ad un periodo naturalmente buio. Menzione speciale al mio nuovo amico pisano, il mio buongiorno di ogni mattina. Quello che spero un giorno di poter finalmente conoscere di persona, e qualsiasi cosa accadrà sarà bellissima perché mi ha tenuto per mano dal primo giorno di lockdown, ed è ancora qui a dire cazzate con me.

Tante, tante cazzate ho combinato in questi mesi. Ma secondo me tu approveresti. Non dico che ne andresti fiero (non sono proprio cose di cui vantarsi, ecco), ma approveresti. Te le racconterei davanti ad una birra e ci rideremmo su. Perché, alla fine della fiera, mi sembra di essere un po’ in preda alla sindrome di Peter Pan. Quella di cui hai sempre sofferto tu, diciamocelo…
Sarà questa la crisi di mezza età? Essere sulla soglia dei 40 e bere così tanto da rischiare di sentirsi male? No, non rispondere a questa domanda.

Sai cos’è che trovo strano? Quest’anno mi è stato impedito di fare praticamente tutto quello che io amo fare (viaggiare e andare ai concerti). Non che ci fosse molto da fare nel merito, non si poteva e basta. A rileggere le cose che scrivevo a inizio anno, penso che la vecchia me (quella del pre-yoga e frikketonaggine varia) avrebbe davvero sbarellato. Ora mi sembra di aver raggiunto un livello di calma tale che quasi la cosa non mi tange. Quest’anno sono riuscita a recarmi nelle esotiche località di Rimini e colline romagnole, costa del nord delle Marche (con annessa liaison) e Roma (in compagnia del più figo dei milanesi). Mi sono saltati due viaggi in Inghilterra e innumerevoli altri giretti legati ai concerti – quelli son davvero saltati tutti, a parte i sempre affidabili Editors, che per miracolo sono riuscita a vedere tipo 2 settimane prima del lockdown (verosimilmente contraendo il virus, visto dove mi trovavo).
La vecchia me avrebbe passato i giorni, le settimane, forse i mesi a lamentarsi.
La nuova me ha pensato solo una cosa: ringrazia tutti i santi che hai in paradiso perché l’anno scorso si è realizzato il perfetto allineamento di pianeti che ti ha permesso di tornare in Australia. Alla fine dell’anno, con gli incendi in corso e il virus alle porte. Che colpaccio.

Sono cambi di prospettiva. Non cambiamenti di vita, ma cambiamenti nella vita. Vorrei poterteli raccontare. Beh, in effetti lo sto facendo. Però porca miseria, lo posso dire che mi manchi? E vorrei stare seduta con te per ore al tavolino di un bar di merda. Si può dire? Io te lo dico.

Spero che tu sia felice, ovunque tu sia. Passa ogni tanto a trovarmi nei sogni, mi fa piacere.

On air: Diodato – Fai rumore (Europe Shine a Light)

Un colpo al cuore

Da quasi un mese, come più o meno tutti, sono chiusa in casa in quarantena. Alla fine della prima settimana, ho scritto un bel post motivazionale su Facebook, raccontando le mie strategie per restare sana di corpo e di mente. Ci credevo tanto, ci stavo ancora credendo. Sono stata bene in questi quasi 29 giorni, per quanto si possa star bene confinati in 65 metri quadrati uscendo 1 volta alla settimana. Ho seguito la mia routine, meditato ogni giorno, fatto yoga quasi ogni giorno, socializzato via Zoom e simili, e grazie a ciò ho chiacchierato con tanti amici che non sentivo da tempo.

Tutto bene fino ad oggi.

Oggi è partito per l’ultimo viaggio un collega, un mentore, ma soprattutto un amico. Un uomo che ho amato tanto, che ho odiato, e col quale ho fatto talmente tanta strada da poter crescere e trasformare tutti quei sentimenti incasinati in una delle amicizie più importanti della mia vita. Mi ha insegnato un mestiere anche se sapeva che poi avrei preso un’altra strada. Ha avuto pazienza col mio caratteraccio. Soprattutto, mi ha insegnato quanto è importante la sincerità, la schiettezza, non abbassare la testa, mai.
Ha combattuto per molti anni contro una malattia crudele, ed è stato così forte da resistere molto di più della media. Anni strappati con le unghie e con i denti, e che – egoisticamente – mi hanno dato la possibilità di vederlo e sentirlo più spesso di quanto avrei immaginato quando mi parlò della diagnosi.
Avevo paura per lui, in questa situazione di emergenza. Voglio immaginare che se ne sia andato nella sua bellissima casa di campagna, con le persone che amava, e non da solo in un letto di ospedale, come succede tanto spesso di questi tempi.

Ho letto la notizia sui social stamattina. Un colpo al cuore. Pianto disperato, respiro che mancava, freddo. Un pezzettino di cuore che si staccava.

Poco fa, ho parlato al telefono con un amico comune. Sentivo la voce rotta, anche se cercavamo di scherzare e dirottare la chiacchierata su altro.
Mentre gli parlavo, ho pensato che questa notte, saranno state le 2:30, mi sono svegliata nel panico, chiedendo aiuto. Pensavo ad un incubo, ma non lo ricordo. Chissà, forse chiedevo aiuto perché sentivo il mio cuore spezzarsi.
Spero che mi abbia sentito vicino, anche solo per un istante.

On air: Coldplay – Fix you

La crisi di mezza età

Credo che mi stia prendendo in pieno. Ho iniziato il nuovo anno, nonché il nuovo decennio, facendo una marea di cazzate. Pensando una marea di cazzate. Incazzandomi per una marea di cazzate.

Da un lato, mi convinco che dovrei rimettermi a studiare, a impegnare la mente con conoscenza nuova, progetti nuovi, saperi nuovi, e contemporaneamente liberarla con la meditazione (che sto provando ad implementare nella quotidianità). Dall’altro lato, nella vita vera, passo le giornate a guardare serie TV su Netflix (e ho pure finito Lucifer), ignorando le pile di libri che potrei/dovrei leggere, i tarocchi che dovrei imparare, il diario che dovrei cominciare a scrivere. L’ordine fisico e mentale che dovrei ricercare.

Mi aggiro su Tinder cercando non si sa cosa, forse la compagnia che all’improvviso mi sembra necessaria perché chissà, alla fine non sono l’isola che pensavo di essere. Ma magari è solo una malinconia passeggera, come questo gennaio che non finisce mai.

Tengo a debita distanza quelli che dimostrano interesse nei miei confronti, e mi preoccupo di preoccuparmi di quelli che chiaramente pensano ad altro, perché come sempre voglio quello che non posso avere e snobbo la tranquillità. Ovviamente poi me ne lamento, e torno ad incazzarmi. Un circolo vizioso infinito ed ingestibile.

Continuo a chiedermi se la gratitudine sia la conseguenza della felicità, o viceversa. E’ nato prima l’uovo o la gallina?

Non vedo l’ora che sia la fine del mese. Non vedo l’ora di fare un giro a Milano, in compagnia di qualcuno che forse mi farà riacquistare fiducia nel genere umano. Salvo poi tornare a deprimermi, perché lui è un esemplare unico, e la maggioranza (percepita) vale davvero poco.

Non se ne esce, ragazzi. Ho bisogno che riparta al più presto la stagione dei concerti.

On air: La Superluna di Drone Kong – Futuro Ascetico

Statistiche inutili

Come sempre temporeggio (bevendo spuma), ma prima della fine dell’anno mi era venuta voglia di fare una lista di statistiche a caso sulla mia decade appena terminata. E quindi, ecco qui una inutile lista di “random facts” su questi ultimi 10 anni:

  • Paesi in cui ho vissuto: 3
  • Miglia percorse in aereo: incalcolabili. Mi sento decisamente responsabile per una bella fetta di riscaldamento globale. Ma almeno posso dire che per questi 10 anni ho vissuto senza auto (#sipuòfare)
  • Numero di volte in cui sono quasi morta (e me ne sono resa conto): 2
  • Pinguini avvistati: molti, ma mai abbastanza
  • Squali balena avvistati: uno solo. Magico.
  • Paesi visitati: 18, se ho fatto bene i conti
  • Lavori svolti: 11 (forse qualcosa in più, se conteggiamo le chiamate di mezza giornata)
  • Visite al pronto soccorso: 2
  • Fratture: 1 (la prima della mia vita)
  • Fritture: parecchie, di tutti i tipi
  • Litri di alcol consumati: anche qui, calcolo impossibile. Non credo ci sia da vantarsene
  • Post su Instagram: 1210
  • Amici rimossi da Facebook (ma soprattutto dalla vita vera): 3 (di quelli sui quali avevo anche investito energia), più altri conoscenti random e di poco conto
  • Imprecazioni urlate, bisbigliate, o solo pensate: meglio lasciar perdere
  • Foto scattate a Maroubra: ci potrei riempire calendari giornalieri anche per il prossimo decennio
  • Pub visitati a Oxford, sui circa 60 rapprsentati in questa bella stampa (che avrei dovuto comprare…): 49. Un buon numero, direi. E poi qui ne mancano anche alcuni…
  • Concerti visti: moltissimi. I soldi spesi meglio nella vita.
  • Concerti degli U2: 7
  • Partecipazioni a concorsi pubblici: 2
  • Tornei di UNO che hanno comportato l’espulsione da piccole città australiane: 1 (UNO!)
  • Matrimoni (da invitata): 9
  • Matrimoni (da sposa): 0
  • Partecipazioni a balli in college: 1. Epico.
  • DJ10 camminate: 2
  • DJ10 corse: ovviamente 0
  • Vittorie al pub quiz: ho perso il conto…
  • Mia band del decennio (secondo Spotify): The Killers
  • Manufatti in ceramica realizzati a mano: direi una ventina
  • Miglior lavoro del decennio: 6 mesi da volontaria a Greenpeace Sydney
  • Miglior capo del decennio (ma diciamo pure della vita): Scott
  • Post più inutile del decennio: probabilmente questo

On air: The Killers – Rut

Bilanci

La fine dell’anno è prossima, e con lei anche un piccolo resoconto di questo 2019. Che chiude anche un decennio intero, tra l’altro.

La mia tentazione è sempre quella di sminuire, concentrare l’attenzione su ciò che non ha funzionato, quello che ha fatto evidentemente schifo, ciò che penso mi sia mancato. E invece, per fare qualcosa di nuovo in preparazione ai ruggenti anni 20, darò uno sguardo a quanto di buono e bello c’è stato in questi 12 mesi. Perché di buono e bello, alla fine della fiera, c’è stato tanto.

Pensando a qualcosa di recente, non posso non citare il mio grande ritorno in Australia. E’ stato come tornare a casa. Oltre ai luoghi stupendi, che ho amato e ancora amo, è stato incredibile rendersi conto che, nonostante il tempo e la distanza, ci sono ancora tante persone laggiù che posso chiamare amici. Che hanno fatto il possibile per ritagliarsi un po’ di tempo per me, fosse anche solo per un drink veloce. La reunion con il vecchio Robby è stata la ciliegina surreale su questa deliziosa torta. Ancora di più se penso che smettemmo di parlarci all’inizio di questo decennio, e ci siamo riappacificati alla fine. Cerchio chiuso. Ho davvero la sensazione di aver sbloccato qualcosa, di aver trovato finalmente la chiave per aprire una porta, ma penso che sia ancora troppo presto per capire quale.

Milano, e il suo cittadino più illustre. Una sorpresa continua, una gioia dopo l’altra. Mi sento una privilegiata ad avere questa persona nella mia vita. Magari non proprio come vorrei io, ma resta comunque un lusso, una delle mie ricchezze più grandi. E anche qui, una bella pacca sulla spalla a me per aver mantenuto i contatti, nonostante in Inghilterra ci si frequentasse poco. Ho coltivato un’amicizia bellissima, che durante questo anno che sta finendo è fiorita ancora di più.
(Curiosamente, il mio oroscopo di Rob Brezsny per questa settimana parla proprio di amicizia)

La musica. Che cosa meravigliosa. Non sarò mai ricca, perché tutti i miei soldi li spendo in viaggi e concerti. Spesso anche in viaggi per andare a concerti. Ma sono i soldi spesi meglio in assoluto. Mi basta pensare a tutti i concerti visti, agli artisti nuovi scoperti, agli artisti vecchi ritrovati, e il bilancio di questi 10 anni è istantaneamente e indiscutibilmente positivo.

Viaggiare. Anche quest’anno ho seguito il mio buon proposito (non scritto, né dichiarato): vedere almeno un posto nuovo. Ne ho visti parecchi di posti nuovi, e ho rivisto posti già visti, ma in momenti diversi. Mi è venuta anche una gran voglia di vedere di più l’Italia, e credo che proprio quest’ultima cosa sarà in cima alla lista dei buoni propositi per il 2020. E mi sono già mossa in questa direzione.

Ovviamente, la lista dei buoni propositi non esiste.

On air: Editors – An End Has A Start

L’eterno ritorno

Dopo 4 lunghi anni di attesa, sono tornata in Australia. Poco più di due settimane di pura gioia, che ovviamente sono volate via in un attimo.
Stando a sentire i colleghi di lavoro, pare che sia stata via almeno 6 mesi. E la cosa ha fatto il giro dei dipartimenti – sarà che sono stata l’unica nella storia ad ottenere più di 2 settimane di ferie, come se andare in vacanza fosse un reato, o fosse consentito solo in periodi prestabiliti dell’anno (agosto e dicembre). Che rigidità.

Questa volta ho deciso di dare una chance a Melbourne, che avevo sempre e solo visto di passaggio, o come “contenitore” di eventi (leggi: Australian Open). Una mia amica ci si è trasferita un paio di anni fa, e ho pensato di andarla a trovare.
C’è una storica, grande rivalità tra Sydney e Melbourne, e – generalmente – chi ama l’una non apprezza particolarmente l’altra. E io non posso che confermare lo stereotipo. Sì, ha il suo fascino, i tram, gli edifici storici, è la capitale australiana della moda (?) e dello sport, ma non ha la bellezza straordinaria ed accecante di Sydney. Detto questo, Melbourne ha qualcosa di unico, che Sydney non avrà mai: i pinguini!
Dopo aver affrontato il gelo, la pioggia, e le raffiche di vento, ho avuto il piacere di passare qualche minuto con i miei due nuovi amici di St Kilda.

I miei due nuovi amici

Ho raggiunto Sydney in piena emergenza incendi. Dopo il freddo di Melbourne, a Kingsford-Smith mi attendeva un caldo soffocante, e una coltre di fumo che rendeva opaco e lattiginoso quel cielo che ricordavo di un blu incredibile. Mi sono sistemata a casa di Danny, a Coogee, il mio vecchio quartiere, e in un attimo sono tornata anche nella mia casa. Ho fatto scorta di mango, e il suo profumo dolce – quasi madeleine proustiana – mi ha catapultata alla Sydney di 15 anni fa.

15 giorni sono volati, cercando di passare un po’ di tempo con il maggior numero di amici ancora laggiù. Colazioni, pranzi, cene, passeggiate, aperitivi… Giornate piene di incontri e rimpatriate, con un po’ di spazio anche per il turismo. Finalmente, dopo aver passato 4 anni a Sydney senza mai riuscire ad andarci, ho fatto una bellissima escursione al Royal National Park. Danny e il suo (bellissimo) boyfriend mi hanno portata a spasso in uno dei luoghi più suggestivi della East Coast australiana.

Garie Beach

15 giorni in cui mi sono riempita gli occhi di colori sgargianti, fiori di jacaranda e piante esotiche, scogliere, boschi, onde, volti di amici. In cui mi sono riempita il naso di profumi di gelsomino e frangipani, di aroma di mango, di odore di mare e salsedine. In cui mi sono riempita le orecchie di suoni che tornavano famigliari, come il “canto” dei cockatoos e le risate dei kookaburra, e lo sciabordio delle onde di Maroubra, il mio piccolo paradiso.

The Bra

E poi c’è stato il fuori programma.

Antefatto: qualche tempo fa, una cara amica mi ha svelato di avere avviato una piccola attività di lettura di tarocchi. Una cosa che faceva da tanto, ma che non aveva mai svolto come attività a livello professionale.
Nota bene: i tarocchi non prevedono il futuro (quello lo fanno i ciarlatani), ma danno suggerimenti, spunti di riflessione, indicazioni da seguire quando ci troviamo davanti a qualche difficoltà (ma non solo).
Tentata dall’offerta speciale, ho chiesto una lettura. Ho trovato spunti interessanti e piccoli consigli su come “migliorare” la mia vita. Ma quello che più ha attirato la mia attenzione è stata la carta del 6 di coppe. Una carta dall’energia dolce, mi dice la mia amica, che ha a che fare con il ricongiungimento tra passato e presente, con la possibilità di tornare nel passato per riparare qualcosa che si è rotto – per esempio un’amicizia, o un rapporto personale che si è incrinato. Ci ho pensato parecchio, e non riuscivo a farmi venire in mente nulla. Nel corso degli anni ho perso contatto con vari amici, a volte in maniera dolorosa, a volte semplicemente perché ci si è persi di vista, perché così va la vita. Ma non sentivo il richiamo di nessuno di questi.
Poi, l’illuminazione: stavo andando in Australia. Dove risiede, tra gli altri, il mitico Robby, di cui ho parlato brevemente un po’ di tempo fa. Ci si era lasciati parecchio male, e non ci si sentiva da più o meno esattamente 10 anni. Era riapparso come mio follower su Instagram un paio di anni fa, ma non c’era mai stata nessuna vera interazione.
Quando ho iniziato a pubblicare foto australiane, e ho notato che metteva dei like (!), ho pensato: perché non provare a contattarlo? E così ho fatto, invitandolo a partecipare al mio aperitivo di compleanno. Cosa poteva succedere di terribile? Al massimo avrebbe detto di no.
E invece ha accettato con entusiasmo. Si è presentato verso la fine, rendendo la serata vagamente surreale (anche perché era evidentemente già un po’ alticcio). L’ho rivisto per pranzo qualche giorno dopo, per chiacchierare un altro po’. Ciò che mi ha colpito, oltre al fatto che ricordasse elementi della mia vita che a malapena ricordavo io, è stato il fatto che si sia davvero sbattuto per ritagliarsi un po’ di tempo per me, nonostante i suoi impegni e la mia disponibilità davvero limitata.
A riprova del fatto che, se uno vuole, il tempo lo trova per fare qualsiasi cosa.
Soprattutto per rivedere, dopo tanti anni, un amico lontano.

On air: U2 – Stuck in a moment you can’t get out of

Nel dubbio, abbraccia il tuo capo

Ma solo se gli vuoi bene, cosa sicuramente poco scontata.
Ieri, in quel paese favoloso che sono gli Stati Uniti d’America, si festeggiava il National Boss Day. L’ho scoperto per caso, cazzeggiando su Twitter, e ho subito riportato la cosa al mio ex capo di Oxford. Quello a cui ho voluto, e voglio tutt’ora, tantissimo bene. Quello che vince a mani basse il titolo di miglior capo della storia, e che mi manca ogni giorno che entro in ufficio e non lo trovo – cioè da quasi 4 anni a questa parte.
Mi ha ringraziato, domandandosi poi che razza di mondo è questo, dove ci dobbiamo inventare una giornata per celebrare i capi. E ha aggiunto che era felice di essersene andato prima di me, perché non avrebbe retto il colpo della mia partenza. In una giornata in cui stavo vedendo tutto nero, quel messaggio mi ha riacceso la luce. Affetto, e soprattutto stima, erano ciò di cui avevo bisogno ieri. Di cui sto avendo bisogno ultimamente. E lui c’è sempre, per ricordarmi quanto valgo.

Ho trascorso il weekend a Milano. Inutile addentrarsi nuovamente nell’argomento. L’esperimento “online dating” è fallito, e continuerà a fallire fino a che non avrò risolto le mie questioni con la Madunina. Oppure fino a che non sarà spuntato un nuovo elemento a spazzare via tutto. I candidati attuali non sono all’altezza manco per niente. E, visti certi momenti che ho vissuto tra sabato e domenica, affermo con certezza che serve veramente un candidato molto ma molto valido.

Per ora, tenterò di fare questo piccolo esercizio per aumentare l’ottimismo, che non è decisamente una delle mie migliori qualità. Ho una Moleskine rossa, nuova fiammante, bellissimo regalo, che non vede l’ora di essere sfruttata per qualcosa che abbia senso. Che può essere questo, ma anche la mia nuova avventura, nella quale sto cercando di buttarmi perché secondo me l’universo vuole così: la lettura dei tarocchi. Stay tuned…

On air: Tre Allegri Ragazzi Morti – Bengala

London calling (ma il mio telefono è occupato)

Per la prima volta, mi cimento in un post “su commissione” (!).
Farovale trascorrerà alcuni giorni a Londra, e giustamente mi dice che basta parlare di Milano, parliamo di Londra!
E quindi lo faccio, attingendo a piene mani dalla mia vita precedente.

Quando vivevo a Oxford, Londra era un po’ la mia ancora di salvezza. Il pullman che passava vicino a casa e funzionava quasi 24 ore al giorno era un’ottima maniera di scappare dalla campagna e raggiungere la metropoli, anche solo per una cena (hint hint: se c’è tempo, Oxford è un’ottima meta per una gita in giornata).

Nonostante resti in me la sensazione di non aver visto abbastanza, posso fare una lista essenziale di quei posti e quelle esperienze che sicuramente consiglierei ad un visitatore:

  • Hampstead: da sempre il mio quartiere londinese preferito, nonché quello dove mi trasferirei seduta stante (se fossi milionaria). Ne avevo già un po’ parlato in un mio vecchio post, elogiando le bellezze del suo parco più grande, Hampstead Heath (i più coraggiosi potrebbero anche voler fare un tuffo nei Ponds).
    Hampstead è anche il quartiere dove si trova la casa del mio poeta romantico preferito, John Keats. La Keats House è un luogo delizioso, e da non perdere per chi apprezza le sue opere. Passeggiando nel giardino, è facile immaginare come siano nate alcune delle sue poesie più celebri, come ad esempio la Ode To Autumn.
  • I grandi musei: sarò banale, ma British, National Gallery e Natural History Museum meritano una visita. Sempre. Il British, in particolare, viste le dimensioni, è la scusa perfetta per tornare a Londra. Un giorno ne visiti una sezione, al viaggio successivo ne visiti un’altra…
  • Torre di Londra: fino a 2 anni fa, ero una acerrima nemica di quella che ritenevo un’attrazione inutile e costosa. Sbagliavo, e sono felice di ricredermi. Costosa lo è senza dubbio, ma è anche un luogo dove è facile trascorrere una mezza giornata abbondante, essendoci un sacco di cose da fare e vedere. Senz’altro imperdibile il tour guidato da uno Yeoman (nel mio caso, l’unica donna Yeoman del regno – la cui foto appare anche nei manifesti di benvenuto arrivando a Heathrow), che dà una bella panoramica di questo edificio e della sua storia, complessa e spesso assai triste. All’interno, la chiesa di San Pietro ad Vincula ospita, tra le altre, le sepolture di un buon numero di persone che non stavano molto simpatiche a Henry VIII (Anne Boleyn, Catherine Howard, Thomas More, tanto per citarne qualcuno). Sì, ci sono anche da vedere i gioielli della corona. Ma forse sono la cosa meno interessante (almeno per me).
  • Spitafields Market: premesso che non sono una grande fan dei mercati, questo è forse uno dei più interessanti che ho visto. In zona Liverpool Street Station, è un vecchio mercato coperto vittoriano, risistemato per accogliere boutique di abbigliamento vintage e un sacco di posticini carini per rifocillarsi.
  • Brixton: è il classico esempio di gentrificazione. Fino a pochi anni fa, non era una zona raccomandabile (per info, chiedere ai Clash). Ora è un quartiere trendy, con un bel mercato coperto e una venue per concerti storica, la O2 Academy.
  • Silent Disco: una delle mie attività preferite a Londra. In cima allo Shard, tre DJ si sfidano a colpi di musica pop, rock e house. I partecipanti, muniti di cuffie, possono scegliere su che canale sintonizzarsi, e su quale musica ballare. Divertimento assicurato (soprattutto quando ti togli un attimo le cuffie e senti la gente che canta a squarciagola, oppure osservando i tuoi amici che ballano tutti in maniera diversa in base a cosa stanno ascoltando), e con in più il vantaggio della location panoramica. Biglietto un po’ caro, ma son soldi davvero spesi bene.
  • Supper club: non è una cosa squisitamente londinese, ma di sicuro Londra offre moltissime possibilità per queste cene “social” in compagnia di sconosciuti. Il concetto è semplice: uno chef decide di testare un menu, o di organizzare una piccola cena privata al di fuori del suo ristorante, posta l’evento sulla piattaforma dedicata (io usavo Eatwith), e gli affamati avventori si possono prenotare. Il menu è fisso, e si possono comunicare eventuali allergie per adattarlo, se necessario. Si può finire a casa dello chef stesso, o in un ristorante nel giorno di chiusura, o in un altro spazio, ad esempio in una galleria d’arte. Io ho provato una cena a base di zucca da uno chef mantovano (!), che ci ha ospitati a casa sua in zona Elephant & Castle (una di quelle zone che non avrei visitato per nessun altro motivo…), ed una cena gourmet in un pop up restaurant allestito all’interno di un caffè di Queens Park. Entrambe esperienze molto piacevoli, sia per il cibo sia per la compagnia. Ovviamente, trattandosi di cene con sconosciuti, c’è sempre un piccolo rischio di ritrovarsi a tavola con gente insopportabile o personaggi quantomeno bizzarri. Ma fa parte dell’avventura!

Nella speranza di fare cosa gradita, auguro buon viaggio (e attendo resoconto 🙂 )

Innamorarsi a Milano (part 2)

A poco più di un anno fa risale uno dei miei ultimi post, che parlava, tra le altre cose, delle mie scorribande in giro per Milano. Si intitolava “Innamorarsi a Milano“, e riassumeva il mio rapporto di amore-odio con la città. Un rapporto che cominciava più a propendere verso l’amore, o quantomeno l’apprezzamento (“io ti amo, e poi ti odio, e poi ti amo, e poi ti odio, e poi ti apprezzo” come cantavano gli Elii).

La mia personale guida milanese è forse la ragione principale che mi spinge a cercare di trovarmi spesso in area meneghina, per le più disparate ragioni (lavoro, matrimoni organizzati a centinaia di km di distanza – ma per arrivarci devo passare da lì… – concerti, treni in coincidenza…).
La mia personale guida milanese è il classico “ragazzo da sposare”: intelligente, gentile e cortese con tutti, disponibile anche con i miei amici a rimorchio, sempre sul pezzo se c’è da organizzare qualcosa per la mia permanenza, dal trasporto alla cena alla visita culturale. Devi raggiungerlo a casa? Ti viene a prendere in stazione. Si deve uscire presto la mattina e non ti può fare il caffè? Ti paga la colazione al bar.
Mi sento di affermare con un 98.7% di sicurezza che quasi qualsiasi donna che abbia avuto a che fare con lui se ne sia innamorata. E’ il sogno proibito delle mie amiche che l’hanno conosciuto quando l’ho conosciuto io, e ha fatto innamorare le mie amiche che non lo conoscevano fino a poco tempo fa. Nella mia classifica degli uomini da sposare si trova al terzo posto, dietro a Hugh Jackman (foto mia!) e Keanu Reeves. E sento di avere molte più probabilità di sposare Keanu Reeves.
Perché lui non ha bisogno di nessuno. O almeno, questa è la teoria delle sue fans. Non gioca nell’altra squadra. Semplicemente, non gioca. Il ché è un vero peccato, ma, allo stesso tempo, una consolazione. Al grido di “mal comune mezzo gaudio”, penso che, se non posso averlo io, è giusto che non possa averlo nessuna. Tiè!

A parlarne così, forse sembro davvero innamorata. Non lo sono. Nella mia testa è tutto ordinato in maniera razionale. Mi piacerebbe illudermi, ma mi sa che sono troppo vecchia e indurita. Per il momento, mi basta qualche serata insieme. Un aperitivo a casa e lavare i piatti, ascoltare musica di merda, chiacchierare. Gingillarsi col pensiero di ciò che non sarà mai, senza perdere il controllo.

Side note: a seguito dei miei ultimi scritti, che risalgono al viaggio a New York dell’anno scorso, segnalo poco.
1. Ho finalmente friendzonato una persona che mi stava addosso da mesi. Non sapevo bene come fare, dato che di solito in friendzone ci finisco io, ed è stato un processo lungo e complesso. Il risultato è che l’amicizia a mio avviso è compromessa (e vorrei sottolineare che io ero sempre stata piuttosto chiara sul fatto di non essere interessata a lui se non come amico… o almeno così pensavo). Ma direi che l’ha presa meglio del previsto, dato che i miei agenti segreti mi dicono che si è già trovato un rimpiazzo. Se questo fosse vero amore… Teniamo però conto che questa persona secondo me odia(va) la mia guida milanese (essendosi fatto dei viaggi sicuramente più grossi dei miei), quindi… Ma va va va va.
2. Sto per prenotare un viaggetto qui… Se esistesse davvero la serendipity, sul volo interno dovrei ritrovare il bel pilota di 4 anni fa… Quasi quasi prenoto di nuovo in business.

On air: The John Butler Trio – Tahitian Blue

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